Fosco Grisendi. STAND YOUR GROUND
Fosco Grisendi
STAND YOUR GROUND
a cura di Rossella Iorio
Vernissage sabato 21 marzo ore 18.00
Inangolo
Strada Pultone, 2 – 65017 Penne (PE)
Dal 21.03.2015 al 04.04.2015
Venerdì e sabato dalle 18.00 alle 20.00
www.inangolo.it
info@inangolo.it
altri giorni su appuntamento telefonico:
Di Bernardo 339 7502234
Rietti 338 5309912
Toppeta 380 3439565
Il vero ruolo
di Rossella Iorio
“Il vero ruolo di Nader è chiaramente molto diverso da quello apparente, deve essere decifrato nei termini delle posizioni che assumiamo, delle nostre ansie mimetizzate nelle linee di confine fra le pareti e il soffitto. Nell’epoca postwarholiana un singolo gesto, accavallare le gambe, per esempio, può diventare più significativo di tutte le pagine di Guerra e Pace. Secondo le coordinate del ventesimo secolo la crocifissione, per esempio, sarebbe rimessa in scena come un autodisastro concettuale”
(J.G. Ballard, La mostra delle atrocità)
L’immaginario presentato da Fosco Grisendi sembra essere direttamente estrapolato da un romanzo ballardiano, dove i salti spaziali, temporali e concettuali concorrono alla definizione di un mondo ai limiti della comprensibilità, frammentato da eccessi di violenza.
Ogni inquadratura è resa nella sua essenzialità, come simbolo di una personale idea sul reale, dove la verità deve ancora trovare collocazione. Ogni immagine come ipotesi da verificarsi e in cui la serialità gioca un ruolo fondamentale. Le due grandi tele dominate dalla pervasività di campiture di colore definite dal bianco e dai toni freddi, si impongono all’interno del discorso come delle affermazioni assolute e spettacolari: dei corpi stremati, un ring, una performance come messa in scena di atti violenti e gratuiti. I disegni a matita su carta, invece, senza utilizzare i paradossi della visività si inseriscono all’interno di quel discorso apparentemente autoconcluso, in forma di dubbi e domande. La relazione visiva fra la prima scena (Stand your ground #7) e la sua matrice (Disegno #7), ci rivela immediatamente una distorsione: l’eclissi della verità della matrice, in cui la presenza di un altro corpo, dell’arbitro, del possibile testimone viene fatto sparire nella riproduzione pubblica, eclatante, visibile e colorata dell’atleta/performer appoggiato alle corde del ring.
Postulato il dubbio Fosco Grisendi porta avanti fino in fondo la sua dimostrazione, che intende applicarsi matematicamente a qualcosa che non lo è. E così i corpi rappresentati diventano oggetto di osservazione ravvicinata e totalizzante. Postazioni privilegiate di testimonianza che vengono anche private della loro cornice di protezione. Il ring, simbolo di una realtà comprensibile solo perché racchiusa e rinchiusa entro confini ben definiti, sparisce. Il fondo dei disegni si libera e ci libera da ogni definizione: le scene di violenza potrebbero essere documentazione di fatti veramente accaduti o che potrebbero già appartenere alla riserva visiva delle nostre quotidianità. Il meccanismo che sottende alla comprensione della serie Stand your ground si fa sempre più sottile: un lavoro esclusivo sul dubbio, sul suo utilizzo e sulle possibilità reali (o meno) di accedere alla verità come presenza inviolabile, non manipolabile, univoca.
L’azione per immagini di Fosco Grisendi non è di facile accesso. L’apparente assurdità del significante scelto procede in parallelo alla difficoltà di comprenderne il significato. Davvero l’umanità spettacolare e strampalata del wrestling può innalzarsi a simbolo di significati universali?
La serie di immagini procede ancora nella sua dimostrazione visiva e supera un altro ostacolo.
E lo fa approfondendo proprio la conoscenza dell’elemento surreale. Il mondo del wrestling viene studiato attraverso sessioni di disegno dal vivo. Viene conosciuto attraverso la relazione con chi pratica quel discorso performativo; il wrestling viene quindi accettato nella sua totalità ed è grazie a questa accettazione che riesce a diventare strumento di significazione.
La messa in scena della violenza si trasforma talvolta in tragedia, rompendo quindi quel limite invalicabile, realizzando un cortocircuito, un “autodisastro concettuale”.
La sofferenza chiaramente recitata ma estrema (Stand your ground #11), perde la sua evidenza di finzione (Disegno #13, Disegno #14, Disegno #16, Disegno #24) senza la relazione con il contesto di riferimento. L’uomo-fantoccio (Disegno #21) che penzola sulle corde agisce, nel suo essere falso e senza vita propria, come elemento veridittivo, nel confronto con i corpi reattivi nel combattimento. Che ci voglia essere una pausa, una possibilità di comprendere il dentro e il fuori della situazione è dato dal comparire della cornice, ovvero del ring, per un istante, per dare un possibile aggancio, al quel discorso di aggressività e sofferenza senza scenario. Ne permette una possibile organizzazione logica e cognitiva.
Ma spesso la concettualizzazione di un avvenimento si risolve nella sua accettazione o addirittura normalizzazione. È questo l’allarme che la serie di opere sembra lanciarci, la presenza di un meccanismo perverso che determina la nostra realtà, con la stessa forza di una legge assurda.
È questa quindi l’operazione dell’artista: mettere in relazione delle distanze apparentemente incolmabili, degli avvenimenti, per scoprirne la comunione di funzionamento.
“Il fatto che un evento si sia verificato, non è una prova valida di quell’avvenimento”. Questo è tutto ciò che possiamo dire sulla lunga serie di morti provocate dalla Stand your ground law, così come quelle assurde di Cucchi, Aldrovandi, Uva (e altre); così come della spettacolarità del wrestling.
Ed è in questo senso che questo sport può diventare simbolo delle violenze insabbiate, performate senza consapevolezza da corpi che hanno subito il dominio di verità sempre molteplici e giustificate, il dominio di un potere coercitivo che conosce solo il linguaggio-fantoccio della propria realtà macchinica e non la legge, questa si universale, del rispetto della vita.
Spazio inangolo
Il progetto Inangolo prende vita alla fine del 2012, dalla passione di tre amici, Francesco Di Bernardo, Alessandro Rietti e Francesco Toppeta che hanno in comune l’amore per le arti applicate e la voglia di dar vita ad una realtà dinamica, vitale e ricca di idee. In un contemporaneo oramai del tutto virtuale, dove si è perso il valore del rapporto, dello scambio e del confronto, incontrarsi realmente sembra un’opportunità per pochi e l’operosità condivisa diventa virtù di nicchia. Riteniamo che l’arte, in particolar modo quella contemporanea, abbia la necessità di trovare nuovi luoghi, al di fuori dei circuiti tradizionali, Inangolo è un’idea di spazio aperto a tutti, punto di incontro per gli esperti del settore, per gli appassionati e per tutti coloro che avranno voglia di ritrovarsi in un luogo polivalente in cui la cultura, la creatività, l’espressione, le tendenze prenderanno vita e forma attraverso il fare arte. Spazio Inangolo vuole ricominciare da questo punto fondamentale per poter costruire nuove e significative attività, creando una piattaforma versatile fatta di incontri e scambi culturali. Nel 2020 Spazio Inangolo lascia la storica sede situata in Via Pultone per trasferirsi a Largo San Giovanni Battista nell’ex Monastero dell’Ordine Gerosolimitano, struttura del 1523 che oggi ospita il polo di spazi culturali la Casa delle Arti e dei Mestieri. Uno piccolo spazio singolare ed accogliente, un punto di incontro per gli artisti che vorranno presentare progetti monotematici attinenti alla loro ricerca creativa. L’aggregazione culturale suscitata dall’evento ospitato da Spazio Inangolo si svolgerà en plein air coinvolgendo l’intero complesso della Casa delle Arti e dei Mestieri.