FOSCO GRISENDI. Stand your ground
Officina delle Arti, Reggio Emilia
10 gennaio – 1 febbraio 2015
FOSCO GRISENDI
Stand your ground
A cura di Chiara Serri
Inaugurazione: sabato 10 gennaio, ore 18.00
Fosco Grisendi presenta, dal 10 gennaio al 1 febbraio 2015, all’Officina delle Arti di Reggio Emilia, “Stand your ground”, progetto artistico che nasce da fatti di cronaca e si traduce nel mondo del wrestling. Curata da Chiara Serri, l’esposizione è promossa dal Comune di Reggio Emilia con il sostegno di RezArte Contemporanea e 1.1_Zenonecontemporanea.
Il titolo della mostra – “Stand your ground” – fa riferimento alla legge americana che consente ad una persona armata di uccidere un presunto aggressore in base alla mera percezione di pericolo per la sua incolumità. Da una riflessione sull’uso eccessivo della forza e l’abuso di potere nella società contemporanea, all’analogia con il mondo del wrestling, per indagare il confine sottile tra verità e menzogna, tra realtà e fiction.
In esposizione, dieci grandi dipinti ad acrilico su tela di juta e numerosi disegni su carta, opere autonome che costituiscono, tuttavia, il punto di partenza per la produzione pittorica.
Per la prima volta, l’attenzione di Grisendi non si concentra sui singoli quadri, ma sulla serie, dando vita ad un progetto di più ampio respiro. Rispetto alle opere del passato, generalmente ripartite su più livelli, il soggetto conquista il centro della scena, lasciando in sospeso i particolari non funzionali alla narrazione.
Manovre di sottomissione, tecniche aeree, calci volanti e, allo stesso tempo, scene di vita quotidiana, dominate da un senso di perdurante attesa. La continuità cromatica e formale genera il parallelismo tra queste ultime opere ed il wrestling, dove s’intrecciano realtà e finzione, dove gli atleti sono atleti, ma la performance è soprattutto spettacolo.
«Poche linee – scrive la curatrice – toni selezionati, aree di colore piatte e uniformi che sembrano guardare al mondo della grafica pubblicitaria e del fumetto. Una pittura pop, volutamente sintetica, che allude anziché descrivere, mettendo in secondo piano la verità anatomica a favore del pathos, del gesto e del movimento».
La personale, che sarà inaugurata sabato 10 gennaio alle ore 18.00, con una performance di Wiva Wrestling (www.wivawrestling.com), federazione italiana di wrestling con sede a Reggio Emilia, sarà visitabile fino al 1 febbraio 2015, sabato e domenica con orario 18.00-20.00, oppure su appuntamento. Catalogo Vanillaedizioni, Collana PageNotFound, con testi di Chiara Serri, Emanuele Baistrocchi, Maria Cristina Robuschi, Sebastiano Simonini. Per informazioni: cell. 339 8833796, fosco.grisendi@libero.it, www.csart.it/foscogrisendi.
Le opere della serie “Stand your ground” saranno successivamente esposte presso Spazio Inangolo (Penne, Pescara, marzo 2015), Scaramuzza Arte Contemporanea (Lecce, giugno 2015) e RezArte Contemporanea (Reggio Emilia, settembre 2015).
Fosco Grisendi nasce a Parma nel 1976, vive e lavora a Reggio Emilia. Si avvicina alla pittura nel 2004, prendendo parte ad esposizioni e fiere d’arte. Fa parte del gruppo Bee live, al quale è stato assegnato tramite selezione pubblica un atelier presso l’Officina delle Arti a Reggio Emilia.
FOSCO GRISENDI
Stand your ground
A cura di Chiara Serri
10 gennaio – 1 febbraio 2015
Officina delle Arti
Via Brigata Reggio, 29
42124 Reggio Emilia
Orari: sabato e domenica ore 18.00-20.00, oppure su appuntamento.
Catalogo Vanillaedizioni, Collana PageNotFound, numero 08.
Per contattare l’artista:
Fosco Grisendi
Cell. 339 8833796
www.csart.it/foscogrisendi
fosco.grisendi@libero.it
Ufficio stampa:
CSArt – Comunicazione per l’Arte
Via S. Pietro Martire, 16/A
42121 Reggio Emilia
Tel. 0522 1970864
www.csart.it
info@csart.it
FOSCO GRISENDI
Stand your ground
di Chiara Serri
A person is justified in using or threatening to use deadly force if he or she reasonably believes that using or threatening to use such force is necessary to prevent imminent death or great bodily harm to himself or herself or another or to prevent the imminent commission of a forcible felony. A person who uses or threatens to use deadly force […] does not have a duty to retreat and has the right to stand his or her ground if the person using or threatening to use the deadly force is not engaged in a criminal activity and is in a place where he or she has a right to be1.
Stand your ground, ovvero mantieni la posizione, non arretrare d’un passo. Nasce da un fatto di cronaca americana la nuova produzione di Fosco Grisendi, tesa ad indagare il sottile confine tra verità e menzogna, tra realtà e fiction.
Trayvon Martin, diciassettenne afroamericano, viene ucciso all’uscita di un negozio da un colpo di pistola. Il vigilante che gli spara è convinto che il ragazzo sia armato, ma in tasca ha solo un pacchetto di caramelle. Alla fine di un processo che suscita molte proteste e solleva questioni razziali, la guardia viene assolta sulla base della Stand your ground self-defense law, che consente ad una persona armata di uccidere un presunto aggressore in base alla mera percezione di pericolo per la sua incolumità.
Una vicenda che colpisce fortemente Fosco Grisendi, portandolo ad approfondire tematiche legate all’uso eccessivo della forza e all’abuso di potere nella società italiana. Da qui, i casi di Stefano Cucchi, Federico Aldrovrandi, Giuseppe Uva e Gabriele Sandri, definiti “Morti di Stato”2, e ancora la trasposizione letteraria e cinematografica di un senso di surreale incertezza, d’impossibile assoluzione, che passa da Il processo di Franz Kafka a Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini.
La realtà non si presta ad una lettura univoca. La critica delle illusioni va di pari passo con una drastica sfiducia nella possibilità di raggiungere una verità oggettiva. Cosi è (se vi pare), scrive Pirandello, alludendo al relativismo delle forme, a quelle maschere, ancora oggi attuali, che corrispondono alle strutture, alle convenzioni, ai ruoli imposti dal vivere comune.
Affascinato dal mondo del wrestling, Grisendi sceglie questo genere di lotta come metafora della società contemporanea. Un combattimento che presenta notevoli affinità con la performance teatrale, dalla quale recepisce tecniche di messinscena, costruzione dei personaggi e gioco delle maschere. Difficile intuire il confine tra realtà e finzione, difficile capire quanto il “resistere ad oltranza” dei lottatori corrisponda a determinazione sportiva o spettacolo.
Dopo un lungo periodo di studio e il confronto con lo staff di WIVA – Wrestling Italiano Veramente Autentico, federazione con sede a Reggio Emilia, l’artista ha individuato alcune mosse rappresentative (manovre di sottomissione, prese, tecniche aeree, calci volanti), riportate sulla carta e, successivamente, sulla tela. Per la prima volta, l’attenzione di Grisendi non si concentra sulle singole opere, ma sulla serie, dando vita ad un progetto di più ampio respiro, supportato da un racconto organico, da ponderate scelte cromatiche e formali.
Una volta individuato il tema, nell’estate del 2013, l’artista ha iniziato con disegni a matita su carta di piccole dimensioni: opere autonome e, allo stesso tempo, punto di partenza per dipinti su tela di grande formato. Fogli caratterizzati da un segno netto e continuo, quasi grafico, che descrive con precisione i dettagli funzionali alla narrazione, lasciando in sospeso quanto non necessario.
La grande novità, che coinvolge anche i quadri, è data dalla costruzione dell’opera stessa. Se in passato l’artista strutturava la composizione su più livelli, prevedendo diversi registri narrativi o singole figure collegate tra loro come elementi di un rebus, nella sua nuova produzione il soggetto conquista il centro della scena, divenendo fulcro del racconto e catalizzatore dello sguardo.
La tavolozza cromatica, ripresa da alcune opere realizzate nel 2012 e nel 2013 (I never stopped, Stay together, The indifference, You didn’t know), prevede l’uso di quattro colori acrilici su tela di juta: il nero per il fondo, il bianco per la linea di contorno, l’azzurro, il verde pastello e ancora il bianco per le campiture. Poche linee, toni selezionati, aree di colore piatte e uniformi che sembrano guardare al mondo della grafica pubblicitaria e del fumetto. Una pittura pop, volutamente sintetica, che allude anziché descrivere, mettendo in secondo piano la verità anatomica a favore del pathos, del gesto e del movimento.
Con le opere della serie Stand your ground, Fosco Grisendi apre alla terza dimensione, avvalendosi in senso architettonico delle corde (Stand your ground #7, 2014), posizionando il wrestler, l’arbitro e il ring su vari piani prospettici (Stand your ground #5, 2014), disegnando linee di fuga convergenti che trascinano l’occhio di chi guarda dai piedi del lottatore sottomesso allo stivale del suo avversario, in linea con la mano alzata in segno di vittoria (Stand your ground #3, 2014). In alcuni dipinti assume, inoltre, particolare importanza il movimento, (Stand your ground #9, 2014), determinato dai gesti acrobatici dei lottatori che si contrappongono alla staticità delle scene di vita comune.
Il progetto Stand your ground comprende, infatti, tre opere che, pur utilizzando le stesse soluzioni formali dei quadri di lotta, si differenziano da questi per il tema, legato alla quotidianità, e per un senso di perdurante attesa. Un padre preoccupato per l’imminente matrimonio della figlia (Stand your ground, #10), una ragazzina alle prese con un difficile percorso di crescita (Stand your ground, #8), un gallerista, identico ai quadri che promuove, a braccia conserte nello spazio conchiuso della sua galleria (Stand your ground, #4).
Dipinti che parlano di rapporti sociali, nuove generazioni e mercato dell’arte, avvalendosi della continuità cromatica e formale con le altre opere della stessa produzione, per creare un parallelismo con il mondo del wrestling, dove s’intrecciano realtà e finzione, dove gli atleti sono atleti, ma la performance è soprattutto spettacolo.
Dal tema politico specifico – l’uso eccessivo della violenza e l’abuso di potere – al tema politico in senso lato, come volontà di prendere posizione dinnanzi a quanto accade nella vita quotidiana, mirando al bene comune, «perché una realtà non ci fu data e non c’è; ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere; e non sarà mai una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile»3.
1 Fla. Stat. § 776.012(2).
2 Cfr. Presadiretta, Rai3, 6 gennaio 2014.
3 Luigi Pirandello, Il berretto a sonagli, 1916.